Un uomo di 84 anni, ricoverato nell’ospedale di Cassino in stato di coma, è stato trasferito in una struttura privata senza darne notizia ai parenti. Evitando di entrare nel merito di tale decisione, la cui opportunità è comunque tutta da dimostrare, l’elemento più preoccupante è la mancata comunicazione ai familiari e la loro conseguente firma per accettazione sulla cartella clinica. Inoltre il trasferimento è avvenuto senza essere accompagnato dalle necessarie indicazioni terapeutiche. E’ un comportamento inaccettabile da parte della struttura ospedaliera, che purtroppo sembra essere la norma in caso di ricovero di pazienti anziani e privi di autonomia decisionale.

Riportiamo il racconto della nipote, che così commenta:  “Un anziano componente della nostra famiglia, del tutto incapace di intendere e volere, è stato ricoverato giorni addietro presso la struttura ospedaliera di Cassino. Necessitando di terapie riabilitative, l’ospedale decide “autonomamente” che tale paziente dovrà essere trasferito presso il centro San Raffaele. Nonostante i parenti siano sempre stati presenti durante l’orario delle visite consentite, l’ospedale autorizza il trasferimento SENZA la firma di nessun parente, SUBITO DOPO la visita degli stessi (avendo avuto quindi tutto il tempo necessario per chiedere il consenso agli stessi). Alla richiesta di spiegazioni, c’è un rimpallo di competenze. La caposala è latitante, altrettanto il primario, e non c’è nessuno cui possa essere addebitata la responsabilità del trasferimento. La cartella clinica su cui avrebbe dovuto esserci la firma dei parenti, non può essere visionata. Tale comportamento sembra, come risulta da più voci, essere una costante dell’attività del nosocomio, quando si tratta di pazienti anziani e privi di autonomia decisionale. Dunque, è possibile trasferire un paziente senza il consenso dei parenti, seppur questi siano sempre stati in contatto con il personale medico? RITENIAMO DI NO!!!”. “Quel che mi sorprende – aggiunge la ragazza – è che quando è stato deciso e accettato il trasferimento al San Raffaele, giovedì mattina poco dopo le 13, la cognata di mio nonno, la persona che si occupa di lui, era ancora lì. E’ andata via per pranzo e solo alle 15.30, ha saputo dell’avvenuto trasferimento perché il personale del San Raffaele le ha telefonato per chiederle la terapia da adottare; quindi, dall’ospedale non hanno passato neanche le consegne terapeutiche”.