Non è una novità il fatto che quando un anziano riporta una frattura del femore è facile che intervengano complicazioni di varia natura, che rendono comunque difficoltosa la riacquisizione dell’autonomia. E’ noto, infatti, che quanto più tempestivamente la frattura viene ricomposta con un intervento chirurgico, tanto più aumentano le possibilità di un recupero funzionale dell’arto compromesso. Ma non basta.

Il 60% degli anziani con frattura di femore ha comunque una disabilità residua e fra questi 1 su 5 è costretto a entrare in una struttura residenziale o protetta. Non è purtroppo rara l’eventualità di un decesso post-frattura: succede nel 20% degli ultrasessantenni e addirittura in 1 caso su 3 quando il paziente supera i 75 anni.
Tutto questo ha un costo considerevole, dal punto di vista di qualità della vita certamente, ma anche in termini economici le cifre non sono trascurabili: le circa 80mila fratture di femore che si verificano ogni anno, per lo più nella popolazione anziana, costano oltre un miliardo di euro, di cui circa il 40% in terapie riabilitative.
Questi dati preoccupanti però cominciano a trovare risposte confortanti.

Al prossimo congresso della Società italiana di gerontologia e geriatria (SIGG), a Milano a fine novembre, un’intera sessione sarà dedicata all’ortogeriatria, una ortopedia dedicata agli anziani. «Si tratta di creare un percorso sanitario per migliorare il recupero funzionale dei pazienti anziani con fratture, che oggi è lontano dall’essere ottimale: la maggioranza nonostante la riabilitazione non torna più a muoversi come prima – spiega Giuseppe Paolisso, presidente SIGG -. Tutto è nato dalla constatazione che quando l’ortopedico, dopo aver curato una frattura di femore, chiede anche una consulenza al geriatra, si ottengono risultati più soddisfacenti; quindi abbiamo pensato a un sistema di co-gestione del malato, fino ad arrivare a vere e proprie Unità operative di riabilitazione geriatrico-ortopedica».
Le strutture di ortogeriatria in Italia sono ancora poche, concentrate soprattutto in Emilia Romagna e Toscana, ma c’è la volontà di insediarle almeno nelle Aziende sanitarie e nei Policlinici più importanti.
Una simile gestione, attuata riorganizzando le competenze, consente risparmi nel lungo periodo: oltre ai vantaggi per il singolo paziente si riduce la necessità di ricoveri in residenze sanitarie assistite – osserva Paolisso -.
L’obiettivo sarebbe arrivare a piccoli passi fino alle Fracture Unit, team ancora più complessi per la gestione ideale delle fratture. Spiega Luigi Sinigaglia, presidente della Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro: «Le Fracture Unit sono l’approccio migliore. Qui il paziente troverebbe ortopedici, geriatri, fisiatri, clinici di malattie metaboliche dell’osso. Una frattura non è mai un evento isolato da trattare in sala operatoria: occorre indagare perché è venuta, cercare di prevenirne di nuove, riabilitare il paziente. Un percorso complesso, ma indispensabile per ridurre i costi enormi legati alle fratture nell’anziano».

Non dimentichiamo la prevenzione. Per questo rimandiamo alla lettura del nostro articolo   e dell’opuscolo “Cosa posso fare per evitaredi cadere ?” che trovate nella sezione documenti. Piccoli accorgimenti come l’uso del bastone, e di scarpe dalla suola non scivolosa, oppure di un appartamento che non diventi un luogo pieno di “trappole” (dai tappeti, alla cera sui pavimenti, a mobili instabili), insieme ad altri saggi consigli sul come comportarsi per la strada, possono essere davvero un’efficace forma di prevenzione da cadute pericolose.