Anziani e qualità della vita: l'Italia indietro nella classifica
Nell’ultima settimana sono apparsi sulla stampa una serie di approfondimenti sulla condizione anziana in Italia e nel mondo. Non sempre è facile destreggiarsi in questa selva di dati. Una cosa è certa: l’Italia appare in cima a tutte le classifiche mondiali sulla longevità: è di ieri l’interessante articolo di Luigi Ripamonti (sull’inserto Lettura” del Corriere della Sera) da titolo accattivante “Lo spread rovesciato della longevità”, dove si afferma che non c’è connessione diretta fra ricchezza nazionale e longevità. 
Non solo: anche  un maggior investimento in spesa sanitaria non garantisce buoni risultati in termini di salute, se come ci dicono i dati – ad esempio gli Stati Uniti sono al primo posto come percentuale di spesa sanitaria sul PIL e solo al decimo posto per la longevità. 
E’ necessaria allora una riflessione sul sistema, con cui i servizi vengono erogati ed in questo l’Italia fa ancora la differenza: un sistema sanitario di tipo universalistico garantisce, a minor costo, una miglior qualità della vita ed alla fine anche una maggior longevità (siamo al terzo posto nella classifica mondiale). Si potrà dire che influiscano  anche altri fattori ( il famoso clima e la dieta mediterranea, la maggior tenuta delle reti sociali… ), ma sicuramente le cure gratuite e assicurate a tutti sono un buon indice di civiltà di una società. Tanto più andare ad operare riduzioni in questo settore non può esser fatto a cuor leggero.
Vediamo poi come in questa classifica, troviamo al secondo posto la Svezia, nota da sempre per il suo sistema di Welfare e per alcune scelte controcorrente operate nel settore dei servizi alla persona; tra tutti ne segnaliamo uno: la decisione di non costruire più residenze per anziani e stornare  queste risorse sui servizi domiciliare, che raggiungono percentuali numeriche e di intensità del servizio offerto da noi impensabili…
(vedi  http://digilander.libero.it/newsfornurse/pesaresi.pdf e http://abitaresociale.net/2013/02/11/e-ora-di-cambiare-il-modello-delle-residenze-per-anziani/ ).  
Su questo l’Italia ha ancora da imparare. In questa chiave si può leggere forse il 27° posto dell’Italia nella classifica sulla qualità della vita degli anziani, stilata da HelpAge International, network globale dedicato alle fasce anziane della popolazione mondiale, in collaborazione con l’Onu. Questa graduatoria, chiamata “Global Age Watch” tiene conto di parametri legati a condizioni sociali, di reddito e ambientali e sarà sottoposta ai governi per migliorare le politiche per la terza età. Ai primi posti si confermano Svezia, Germania e Norvegia
Nel dettaglio, la classifica prende in esame quattro indicatori: sicurezza del reddito, salute, lavoro e formazione, condizioni ambientali favorevoli. Il reddito, ad esempio, comprende a sua volta ulteriori indicatori: dalle pensioni al welfare al PIl pro capite. La salute, invece, prende in esame le aspettative di vita e il benessere psicologico, mentre l’ambiente favorevole si concentra sui legami sociali, l’accesso al trasporto pubblico e la sicurezza fisica.
Sulla sicurezza del reddito, ad esempio, l’Italia fa meglio di Svezia e Germania, scalando la classifica fino ad arrivare al 6° posto e un punteggio pari a 88 (la Svezia si ferma a 87, la Germania a 86.1).

 

Un esito sorprendente se si guarda alle pensioni italiane, che è spiegabile forse con la valutazione del risparmio e della proprietà dell’abitazione. Sulla salute, invece, l’Italia totalizza 73 punti piazzandosi 15esima. Ma è tanto sull’istruzione (62esima) quanto sull’ambiente (53esima) che il “crollo” è evidente: siamo in linea con la Grecia, 61esima sull’istruzione, e con la Georgia, 54esima sui temi legati all’ambiente.
Il rapporto, inoltre, lancia l’allarme sui paesi a più rapido invecchiamento – Giordania, Laos, Mongolia, Nicaragua e Vietnam, che cadono tutti nella metà inferiore della classifica e dove il numero di persone anziane sarà più che triplicato entro il 2050. La lista copre l’89% della popolazione anziana mondiale di 900 milioni di persone in 91 Paesi. Dalle analisi emerge che la ricchezza – o il Pil (Prodotto interno lordo) pro capite – da solo non basta affatto quando si tratta del benessere degli anziani: la crescita economica, infatti, non impedisce alla Cina di essere al 35esimo posto, e Paesi come Sri Lanka, Bolivia e Mauritius sono risultati più accoglienti di molte nazioni più ricche nei confronti degli anziani.
In fondo alla classifica Pakistan, Tanzania e Afghanistan. Il report è disponibile su www.helpage.org.
Anche dalla lettura di questi dati emerge per l’Italia un impianto legislativo e di sicurezza sociale positivo, perché pensato dai primi anni del ‘900 con il criterio della protezione sociale universale, che sicuramente va riformato, ma non abbandonato, se non si vuole invertire il trend.