Una realtà in chiaroscuro. È quanto emerge dallo spoglio delle notizie di stampa dedicate all’istituto dell’Amministrazione di sostegno (Ads) negli ultimi mesi. La cronaca enumera casi di abuso perpetrati dagli Ads, e altrettante vicende di truffe a danni di anziani e disabili denunciate e bloccate dagli amministratori. Quel che è certo è che nel decennale della introduzione di questa figura, l’Ads registra una forte crescita, nel numero delle richieste – è il caso ad esempio del Tribunale di Venezia -, nell’attenzione delle amministrazioni, che ne incoraggiano il ricorso aprendo  sportelli di informazione e orientamento ( a Pistoia) , delineando linee guida (Regione Emilia Romagna), e nel costituire uno sbocco lavorativo qualificato. I corsi di formazione e aggiornamento per Ads si moltiplicano su tutto il territorio nazionale, per permettere l’iscrizione all’apposito albo. La Cassazione civile, intanto, con un’ordinanza del 18 giugno, ha dato ragione ai familiari di un soggetto che si erano visti respingere dal giudice tutelare la richiesta di nomina di Ads, stabilendo che il giudice non poteva opporre tale diniego, limitando il suo potere discrezionale alla decisione sui poteri da attribuire all’Amministratore. Un precedente molto importante e che presumibilmente peserà in futuro, nonostante il finale in senso contrario registrato nella querelle più “mediatizzata” sul tema, la vicenda di Gina Lollobrigida.  In quel caso i giudici romani hanno deciso che l’anziana attrice non ha necessità – come sosteneva il figlio – di un amministratore di sostegno per gestire il proprio patrimonio.

Spulciando i giornali locali, emergono le vicende di una donna di Mirano la cui nipote riscuote e trattiene da diversi anni la pensione, condannata grazie alla denuncia dell’Ads. A Parma, Modena, Genova e Mantova sono invece gli Ads a profittare delle facoltà loro attribuite per sottrarre somme ingenti di denaro ai beneficiari. Condanna in primo grado per un avvocato modenese, di cui si è accertato il furto di circa 400 mila euro a quindici suoi assistiti; condanna per una genovese di 65 anni, Ads, peraltro già rea di circonvenzione di incapace, che ha prosciugato il conto della sua assistita centounenne, emettendo assegni intestati a badanti, le quali, riscossi gli importi, li riversavano all’amministratrice. A Parma un avvocato ha convinto un anziano a modificare, in favore di un collega, il beneficiario della polizza sulla vita da 400 mila euro; a Mantova, infine, madre ( amministratrice di sostegno) e figlio si impossessano di 120 mila euro dello zio beneficiario.

Quando le appropriazioni indebite vengono alla luce, i responsabili rischiano condanne pesanti. Lo sfruttamento della posizione di Ads costituisce infatti un’aggravante, ed è difficile evitare la reclusione. È al contempo molto difficile che abusi meno eclatanti e con cifre più contenute possano essere scoperti e perseguiti. Resta infatti aperta la questione di quale soggetto, oltre al giudice che annualmente verifica l’operato dell’Ads, con le limitazioni di tempo e i carichi di lavoro a tutti noti, debba controllare l’operato dell’Amministratore: manca al momento un revisore terzo che, magari su sollecitazione del beneficiario o di altri soggetti, abbia tale facoltà. A chi posso rivolgermi, insomma, se chi deve curare i miei interessi lo fa con trascuratezza o in maniera fraudolenta, quando anche il mio potere di firma è ormai cessato? Trovare una soluzione renderebbe questo istituto del resto essenziale, ancora più utile ed efficace.