“F. mi ha raccontato che anche lei vive in un pensionato per anziani, non in Italia ma nel Congo. Mi è venuta voglia di scriverle per sapere come si trova lì e se sta bene in salute.”
È cominciata così una fitta corrispondenza tra alcuni anziani della Comunità di Ostia (Roma) e di Kinshasa.

F. è stato nella Repubblica Democratica del Congo a inizio 2018 – come molte persone della Comunità di Sant’Egidio che offrono volontariamente il loro aiuto – per sostenere il Programma DREAM di cura dell’AIDS in Africa. In quell’occasione ha avuto modo di visitare due case di riposo di Kinshasa.

Tornato a Roma ha raccontato della sua esperienza, dei bambini e dei vecchi africani, ai suoi amici anziani della Comunità. Alcuni tra questi vivono anche loro in istituto.

Parlando insieme nasce il desiderio di farsi vicini a chi vive in condizioni di vita così diverse e difficili. La vita degli anziani africani è infatti molto dura perché ai problemi della vecchiaia si aggiungono quelli della povertà e della difficoltà a curarsi. “Scriviamoci, così ci potremo conoscere bene e ci racconteremo quello che facciamo o abbiamo fatto nelle giornate”. Rosa, che ha lavorato per due mesi in Zambia nel 1972 e ha imparato il francese, si offre di rispolverare per l’occasione le sue conoscenze linguistiche.

Come racconta in modo severo Simba – infatti – chi è anziano in Africa non ha vita facile: “ho 70 anni ma sono malato di AIDS da 30 e senza dimora da 4. Durante questi anni sono stato stigmatizzato, discriminato, rifiutato…”. Deve la sua sopravvivenza – in senso letterale – agli amici della Comunità di Sant’Egidio che l’ha curato gratuitamente nel Centro DREAM e alle Suore Poverelle di Bergamo che lo hanno accolto nella loro casa per anziani. La sua gratitudine è smisurata. Come gli rispondono Paola e Antonietta “non c’è niente di meglio dell’amicizia e dell’amore fraterno per guarire le ferite del cuore e dell’anima”.

Scriversi vuol dire pure farsi reciprocamente coraggio e scoprire insieme un significato nuovo per la propria vecchiaia. Come afferma con molta efficacia Germana: “Ti dico abbi coraggio e non mollare mai! Vai avanti, che Dio ci aiuta sempre. Siamo anziane tutte e due. Ma è bello essere anziani. Viva gli Anziani!”.

I discorsi sulla fede sono una presenza costante di questi dialoghi a distanza. Sia da parte di chi è africano come Blaise, meticcio di un padre belga e una madre congolese, che non appena ha saputo di corrispondere con un’abitante della “città del Papa” ha chiesto “per favore, mandami un rosario. Sono un cristiano cattolico come te”. Sia per l’europea Benedetta, felice di rispondere alla sua richiesta “Anche io sono molto fedele e prego molto durante la giornata. Infatti la fede mi ha dato molta forza in momenti
difficili della mia vita, infondendomi coraggio e speranza. Per questo avrei piacere di donarti una cartolina rappresentante la natività ed una effige della Madonna, nonché un rosario a cui sono molto affezionata”.

Chi è europeo e vive in una casa di riposo, trova nella corrispondenza anche un modo per dare un senso alle lunghe giornate trascorse in solitudine. Scrive Ada “La mia vita qui è monotona… Così prosegue la nostra vita, sempre uguale.”. Ma una lettera può spezzare anche questa monotonia: “ho ricevuto la tua lettera ed il mio cuore ha fatto un salto di gioia. Ti voglio bene, cara, peccato che tu sei molto lontana perché verrei lì da te per conoscerti personalmente. Ma anche scrivendoci ci possiamo tenere vicine. Oggi mi sono fatta una fotografia e te la mando, così potrai conoscermi meglio e così io con la tua fotografia e tu con la mia ci sentiremo più vicine”.