Arzignano, alle porte di Vicenza

Si apprende dalle cronache di questi giorni la triste storia di Oriella, un’anziana di Arzignano, piccolo comune in provincia di Vicenza: a 85 anni, senza malattie particolari, Oriella si è spenta nella clinica Svizzera dove si era recata, di nascosto, per chiedere il suicidio assistito. La sua famiglia, che l’aveva data per dispersa denunciandone anche la scomparsa alle autorità, la piange e non riesce ad accettare un gesto, tanto lucido quanto tragico nelle sue conseguenze, in cui il dolore si mescola a tanti, troppi “perché”.

Una storia individuale, un caso isolato, si potrebbe pensare. In realtà la vicenda di Oriella presenta dei tratti comuni con le storie di tanti anziani soli, pur non condividendone l’estremo esito. Una vita molto attiva che si spegne lentamente. Gli anni che aumentano, aprendo il varco a fragilità e debolezze. Il corpo che cambia mentre gli affetti e le relazioni si diradano. Il disorientamento e la paura di un futuro che non potrà che riservare problemi, per sé e per gli altri.  La difficoltà ad accettare tutto questo. E poi, forse, anche il dolore grande, difficile da comprendere per chi non si trova in quella situazione, di non sentirsi più capiti da una società che non solo non garantisce nel quotidiano un sostegno adeguato, ma non sembra più offrire alcun “ruolo”. E’ la solitudine degli anziani, quella di non servire più: non avere il posto che si aveva prima senza poterne cercare un altro.

Proprio per questo, e prima di prestare il fianco a letture ideologiche su una vicenda così delicata e personale, la scelta di Oriella può e deve far riflettere ognuno su quei “tratti comuni” della vecchiaia che la società interpreta solo come un naufragio da evitare. C’è molto da fare perché gli anni in più, diventino invece realmente una benedizione per tutti, una “forza” in grado di far superare ogni difficoltà.