All’ingresso del Nuovo Complesso – Rebibbia

ROMA –  Teatro del Carcere di Rebibbia al Nuovo Complesso. “Stasera abbiamo pianto con voi, abbiamo riso insieme a voi… grazie per questa straordinaria occasione che ci avete offerto!” Queste le parole che Sandra Battisti ha voluto rivolgere ai promotori della insolita serata di oggi, organizzata per i trecento anziani della Comunità di Sant’Egidio, che hanno assistito, nel carcere di Rebibbia allo spettacolo teatrale “La Festa” ideato a diretto da Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito e messo in scena dalla Compagnia del reparto G8 del carcere, insieme a venti allievi dell’Accademia Internazionale d’Arte Drammatica, col coordinamento di Fabio Cavalli. In un pomeriggio piovoso e grigio, un folto drappello di anziani e loro amici ha varcato le soglie del carcere di Rebibbia per poter assistere allo spettacolo teatrale “La Festa”. Questo piccolo popolo, composto da anziani  provenienti da quartieri del centro e della periferia e da vari istituti di Roma e provincia ( dal Nomentana Hospital di Fonte Nuova o da “Villa delle querce” di Nemi”), ha atteso pazientemente di poter entrare, superando i controlli meticolosi dell’ingresso, sotto gli sguardi stupefatti delle guardie carcerarie, certo abituate al popolo dolente dei parenti, ma decisamente incuriosite da questi vecchi così desiderosi di incontrare i carcerati: chi in carrozzina, chi appoggiato al braccio di un amico più giovane, molti con il vestito delle grandi occasioni “perché a teatro si va vestiti eleganti…”.
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E hanno avuto ragione a ritenerla una grande occasione perché si è trattato di un “momento alto di arte e di incontro umano”, come ha anche sottolineato la regista Laura Andreini Salerno, quando nel presentare lo spettacolo ha ricordato come il teatro sia sempre espressione sublime di libertà e quanto viva e si sviluppi nel rapporto con il suo pubblico, in questo caso veramente straordinario.

I detenuti hanno voluto offrire lo spettacolo in occasione dei 40 anni dell’amicizia della Comunità di Sant’Egidio con gli anziani e lo hanno fatto mettendo in scena una storia veramente toccante.

La pièce ricostruisce l’attesa per la festa dei 18 anni della giovane figlia di un armatore che aveva partecipato, bambina, alla traversata atlantica di un grande piroscafo. Quasi reclusi nelle cucine di bordo, i cuochi attendono invano che la bambina, fattasi donna, ricompaia nella loro vita riportando alla luce la freschezza, la serenità e gli affetti della prima traversata: una metafora della reclusione ma anche dei rapporti intergenerazionali. Nei monologhi recitati dagli attori, con accenti diversi ( romano, siciliano, napoletano…) vibrava forte un identico desiderio di famiglia, di paternità e di figliolanza, che gli anziani hanno colto con molta immediatezza. Alla fine dello spettacolo in tanti si sono avvicinati per salutarli e baciarli, fra lacrime e abbracci. C’è chi gli ha detto, come Maria: “Da oggi ti ricorderò come un figlio”. “Non vi dimenticheremo”. Chi come Michele, di 98 anni, ospite della casa della Comunità di Via Pratomagno gli ha raccontato come alla sua veneranda età è riuscito ad uscire dall’istituto e ad iniziare una nuova vita, augurando anche a loro di uscire presto e di ricominciare a vivere.