Ormai mancano poche ore alla celebrazione della Giornata dedicata ai malati di Alzheimer. Guardando anche solo al panorama italiano sono in agenda tantissime iniziative, che cercheranno di puntare i riflettori su questa problematica.  Segnaliamo fra le altre il foto progetto di www.repubblica.it “l’identità perduta”. Lo spazio del blog può offrire l’occasione per dare voce ai tanti, soprattutto familiari dei malati, che meglio di tutti ne conoscono i drammi e le criticità. Per questo scriveteci, come ha fatto Letizia, che ci racconta le difficoltà della vita quotidiana con sua madre.

 Vi scrivo per raccontarvi la mia storia. Mia madre ha circa 70 anni, da due anni le è stato diagnosticato l’Alzheimer. Ci siamo accorti della malattia solo quando i disturbi della sua memoria sono diventati gravi, dimentica oggi facilmente tutto, non sa più fare le cose che ha sempre fatto, come cucire, cucinare. Oggi mia madre non riesce più a vivere da sola, vive con me, mio marito e mia figlia. Frequenta un centro Alzheimer tre mezze giornate la settimana, di più hanno detto che non era possibile. Queste tre mezze giornate, anche se poche, sono già molto per noi che lavoriamo. Mamma non può stare da sola, quando non va al centro c’è mia figlia se non va all’università, altrimenti viene una signora, ma non spesso, perché non abbiamo molta disponibilità economica.. Mia madre non ha ancora avuto riconosciuta l’invalidità con l’assegno di accompagnamento. Quando riceverà questi soldi forse sarà tutto più semplice.
Certe volte basterebbe poco per aiutare una famiglia già in difficoltà. Certo servirebbe che mia madre potesse andare di più al centro, ma basterebbe anche che quando il pulmino la viene a prendere la mattina, l’assistente salisse su a casa per accompagnarla. Invece mia madre si deve far trovare al portone, dicono che non possono salire su a casa a prendere i pazienti. La mattina per andare al lavoro usciamo molto presto, abito sulla Tuscolana e lavoro nella parte opposta di Roma. Mamma rimane sola fin quando non va al centro. Quando il pulmino arriva a prenderla, mi avvisano, allora le telefono, le dico di prendere la chiave (una chiave a cui ho messo un segno grosso colorato di riconoscimento) sul tavolo, di aprire la porta e di scendere in strada. Poi telefono all’autista del pulmino per sapere se è scesa. Ogni volta sono in ansia, non so cosa è successo in quel tempo che è sola, non so se riuscirà a scendere, come talvolta capita. E’ davvero difficile salire a prendere gli anziani nelle loro case?
Ringrazio chi leggerà questa mia lettera per il tempo che mi dedica
Letizia