“L’affetto è la medicina più grande per noi anziani. Questa testimonianza che lei dà, con i suoi amici – che sono bravi! – deve raccontarla tanto, perché la gente si animi a fare lo stesso. Ma mai scartare un anziano. Mai.”

Con queste parole Papa Francesco ha concluso il suo saluto a Erminia Guido, anziana novantacinquenne della Comunità di Sant’Egidio di Napoli, incontrata nel corso della sua recente visita alla città.

Ascoltiamo dalla sua voce le impressioni di questo incontro

 D:Signora Erminia, innanzitutto come sta?

Erminia : Mi sento piena di gioia, serena, tranquilla, perché ho avuto un grande onore: il piacere di conoscere tramite la Comunità di Sant’Egidio questo magnifico Papa, un uomo pieno di fede, che la comunica a tanti. Un uomo che ha nel cuore un amore straordinario.

D:Erminia, lei ha parlato al Papa ringraziandolo per la sua difesa del dono di una vita lunga, un dono che sembra quasi far paura e che viene respinto e scartato.

Erminia: La vecchiaia….Anche quando vai dal medico, tu esponi le tue cose e ti accorgi che lui agisce  con superficialità, che non va a fondo per capire cosa hai.  Molte persone non sono molto attente nell’aver cura delle persone anziane; fanno le cose molto con leggerezza quando si ha davanti un anziano; invece noi abbiamo bisogno di carezze, di amore, di essere guidati dalle persone che ti capiscono, che ti vogliono bene. Una carezza basta, una carezza che ti dà vita. Quante persone sole…

D:Come ha incontrato la Comunità di Sant’Egidio?

Erminia: Andando in chiesa, nella chiesetta vicino a casa mia c’era questa Comunità e io mi sono accodata a loro, ho parlato e ho cominciato a praticare con loro. Mi sono trovata molto bene, felice perché sono persone di animo, che ci aiutano oltre il loro lavoro, oltre la loro famiglia. Aiutano in modo straordinario tutti quanti, danno una parola di conforto, stiamo proprio bene. È veramente una Comunità che tutti dovrebbero seguire. Nella vita bisogna fare sempre del bene, e si riceverà del bene. Gesù ci aiuta, io lo prego tutte le mattine come se fosse un amico, prego Gesù e Papa Francesco.

D:Nel suo intervento parla, ad un certo punto, della paura di finire in istituto. Ma lei ha avuto esperienza?

Erminia:Io da piccolina sono stata chiusa in collegio, sono uscita a 14 anni senza mio papà, senza nessuno, solo la povera mia madre che si è portata avanti a me, a mia sorella e un fratello. E quindi so che significa, benché piccolina. L’ospizio è diverso logicamente, ma non tanto…. L’ospizio si vede molto in televisione, tante cose che ti fanno paura, tanti poveri vecchietti che vengono proprio maltrattati, e questo non è giusto. Veramente fa paura.

D:Un’ultima domanda, il Papa alla fine chiude il suo discorso dicendo: “Questa testimonianza che lei dà, con i suoi amici deve raccontarla tanto, perché la gente si animi a fare lo stesso.” Allora la mia domanda è: questa alleanza tra giovani e anziani, raccontare di più questa forza, come gli anziani possono diffondere questa cultura?

Erminia: Stando insieme,   trovando occasione di riunirsi  per incontrare  questi giovani, un amico, un ragazzo… Si sta insieme e fa piacere conoscere i loro sentimenti e dare dei consigli, perché gli anziani hanno molto da dire ai giovani e ne hanno tanto bisogno, perché non tutti sono educati, sono bravi. Hanno bisogno di una guida buona che li faccia camminare su una strada buona.

TESTO INTEGRALE DELL’INCONTRO SUL LUNGOMARE CARACCIOLO

DISCORSO DEL SANTO PADRE Napoli Sabato, 21 marzo 2015

Domanda di Erminia, anziana di 95 anni
Padre Santo, mi chiamo Erminia, ho 95 anni. Ringrazio Dio per il dono di una vita lunga. E ringrazio anche Lei perché non perde occasione per difenderla. Ce n’è tanto bisogno! Perché nella nostra società, è un dono che sembra quasi far paura e che spesso viene respinto e scartato. Con il passare degli anni mi sono ritrovata sola dopo la morte di mio marito, più fragile e bisognosa di aiuto. Ho avuto paura di dover lasciare la mia casa, per finire in qualche istituto, in uno di quei “depositi per vecchi” di cui Lei ha parlato. Così gli anziani, tante volte, sono spinti a domandarsi se la loro esistenza abbia ancora un senso. Ho avuto la grazia di incontrare una comunità cristiana che non ha perso la sua anima e dove si vive l’affetto e la gratuità. Così nella mia vecchiaia sono arrivati degli “angeli”, come li chiamo io, giovani e meno giovani, che mi aiutano, mi fanno visita, mi sostengono nelle difficoltà quotidiane. L’amicizia con loro mi ha dato tanta forza e tanto coraggio. Anche pregare insieme mi ha aiutato tanto: sono debole, ma pregando per i poveri, per i malati, per i bisogni del mondo, per la pace, per il bene della Chiesa, ed anche per il Papa, trovo la forza di aiutare e proteggere gli altri. Così quanti aiutano a quanti sono aiutati formano un’unica famiglia: giovani e anziani insieme. Come tutti noi possiamo vivere di più una Chiesa che sia famiglia di tutte le generazioni, non scartando gli anziani e facendoli sentire parte viva della comunità?
(Santo Padre)
Si accomodi, perché quando io sento dire che lei ha 95 anni, io ho voglia di dire: ma se lei ha 95 anni, io sono Napoleone! Complimenti per come li porta! Lei ha detto una parola chiave della nostra cultura: “scartare”. Gli anziani vengono scartati, perché questa società butta quello che non è utile: usa e getta. I bambini non sono utili: perché avere bambini? Meglio non averne. Ma io ho comunque affetto, mi arrangio anche con un cagnolino e un gatto. La nostra società è così: quanta gente preferisce scartare i bambini e confortarsi con il cagnolino o con il gatto! Si scartano i bambini, si scartano gli anziani, perché si lasciano da soli. Noi anziani abbiamo acciacchi, problemi e portiamo problemi agli altri, e la gente forse ci scarta per i nostri acciacchi, perché non serviamo più. E c’è anche questa abitudine di – scusatemi la parola – di lasciarli morire e siccome a noi piace tanto usare eufemismi, diciamo una parola tecnica: eutanasia. Ma non solo l’eutanasia fatta con una puntura, ma l’eutanasia nascosta, quella di non darti le medicine, non darti le cure, renderti la vita triste e così si muore, si finisce.
Questa strada, che lei dice che ha trovato, è la migliore medicina per vivere a lungo: la vicinanza, l’amicizia, la tenerezza. A volte domando ai figli che hanno genitori anziani: siete vicini ai vostri genitori anziani? E se voi li avete in una casa di riposo – perché a casa capita davvero non si possono tenere in quanto lavorano sia il papà che la mamma – ma andate a trovarli? Nell’altra diocesi, quando visitavo le case di riposo, ho trovato tanti anziani ai quali domandavo: “E i vostri figli?”. “Bene, bene, bene”. “Vengono a trovarvi?”. Stavano zitti e io me ne accorgevo subito… “Quando sono venuti l’ultima volta?”. “per Natale”: eravamo nel mese di agosto. Li lasciano lì senza affetto, e l’affetto è la medicina più importante per un anziano. Ma, tutti abbiamo bisogno di affetto e con l’età di più. A voi, figli, che avete genitori anziani, vi chiedo di fare un esame di coscienza: come va il quarto comandamento? Vai a trovarli? Dai loro tenerezza? Perdi il tempo con il tuo papà o con la tua mamma anziana? A me piace raccontare una storia che da bambino mi raccontavano a casa. C’era un nonno che abitava con il figlio, la nuora e i nipotini. Ma il nonno invecchiò e alla fine, poverino, quando mangiava, prendeva la zuppa e si sporcava un po’. Un giorno il papà ha deciso che il nonno non avrebbe più mangiato alla mensa della famiglia perché non era una bella figura, non potevano invitare amici. Ha fatto comprare un tavolino e il nonno mangiava in cucina da solo. La solitudine è il veleno più grande per gli anziani. Un giorno, il papà torna dal lavoro e trova il figlio di quattro anni che stava giocando con il legno, i chiodi e un martello. E gli dice: “Ma cosa fai?”. “Un tavolino, perché quando tu diventi anziano, potrai mangiare lì!”. Quello che si semina, si raccoglie! A voi, figli ricordo il quarto comandamento. Tu dai affetto ai tuoi genitori, li abbracci, dici loro che vuoi loro bene? Se spendono tanti soldi in medicine, tu li rimproveri? Fate un bell’esame di coscienza. L’affetto è la medicina più grande per noi anziani. Questa testimonianza che lei dà, con i suoi amici – che sono bravi! – deve raccontarla tanto, perché la gente si animi a fare lo stesso. Ma mai scartare un anziano. Mai.

per approfondire:

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/march/documents/papa-francesco_20150321_napoli-pompei-giovani.html

 

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/march/documents/papa-francesco_20150321_napoli-pompei-giovani.html