Da oggi al binario 1 della Stazione Termini c’è una targa di marmo che aiuterà Roma ad essere più attenta agli ultimi, a coloro che vivono ai margini. E’ quella dedicata a Modesta Valenti, un’anziana donna senza fissa dimora che il 31 gennaio 1983 moriva in stato di abbandono nel luogo in cui si rifugiava la notte per dormire dopo che, a causa delle precarie condizioni igieniche in cui si trovava, le erano stati rifiutati i soccorsi.  Sono passati tanti anni, ma ancora oggi nel cuore di Roma vivono in tanti per le strade della nostra città. Fra questi tanti anziani, come tanti sono i frequentatori del Centro di accoglienza della Comunità di Sant’Egidio, che hanno i capelli bianchi.
 

Solo nell’ultimo anno il Centro ha registrato un incremento di nuovi iscrizioni di anziani pari al 10%. .Un dato interessante è l’aumento della richiesta da parte di persone anziane di eleggere la  residenza “virtuale” presso Via Dandolo, 10 per non perdere il diritto di usufruire di vari servizi, tra cui in primis l’assistenza sanitaria.C’è l’anziano in istituto che senza residenza non può avere l’assistenza sanitaria, l’anziana sfrattata che la chiede per non perdere la possibilità di accedere al bando delle casa popolari, c’è chi non può fare domanda di pensione senza residenza e così via. Non è immediatamente il segno dell’aumento degli anziani senza fissa dimora, ma comunque è una fragilità ed è sintomo della precarietà della vita che si fa sempre più pesante. Emblematica è la storia di Attilia di 67 anni, divorziata dal marito , tanti anni di lavoro duro in Germania presso case di riposo, poi il ritorno in Italia per assistere la madre morente e poi sempre nelle case come badante a tempo pieno, ma senza la possibilità di avere una residenza, che i datori di lavoro difficilmente ti concedono: alla fine morta la signora che assisteva si ritrova per strada con i documenti scaduti e senza assistenza sanitaria: ora è molto fiera della sua nuova carta d’identità con la residenza a Via Dandolo10 ed ha ottenuto anche la tessera sanitaria ed il medico di base ed ha potuto fare la domanda di assegno sociale .E pensare che lei era venuta al centro solo per chiedere un lavoro! Tra i circa 850 anziani iscritti al Centro di Via Anicia la maggioranza sono donne, circa un 60% e provengono principalmente da Trastevere, Magliana Marconi Trullo e Testaccio, anche se non mancano coloro che provengono dalla zona est di Roma, nonché dai Castelli Romani. Vengono soprattutto per prendere il pacco alimentare ogni 15 giorni e sono persone con reddito inferiore ai 600 euro, spesso soli o con l’aggravante di un figlio che è rientrato a casa in seguito a malattia, alla perdita di lavoro o alla separazione. Quei 600 euro che prima bastavano per sé ci si ritrova a dividerle in due o più, se ci sono anche i nipoti e questo è uno dei motivi principali per cui, nonostante la vergogna si viene a chiedere il pacco. E  su questo” welfare casalingo” fanno conto anche le istituzioni: Mafalda ed il marito hanno una trattenuta sulla loro pensione decisa dal giudice minorile per il mantenimento del nipote  sedicenne, visto che loro figlio, separato dalla moglie e disoccupato non è in grado di provvedere!  Anche le separazioni contribuiscono alla precarietà: Tina, separata dal marito ,dovrebbe percepire 500 euro al mese di alimenti che il marito si guarda bene dal dargli. Peccato che l’INPS le versa solo 219 euro al mese. Se pensiamo ai tempi della giustizia italiana ed al costo degli avvocati Tina fa in tempo a morire di fame o a organizzarsi diversamente.