C’è chi scrive la parola “occupato” su un foglio di carta che poi attacca alle sbarre del letto del reparto di Gastroenterologia (è successo a Vasto), per paura di ritrovarlo assegnato a qualche altro degente, e lui trasferito in chissà quale altro reparto.

Oppure può capitare di tornare a casa dopo un periodo di ricovero e scoprire che le proprie chiavi non entrano più nella serratura; eh già, perché dentro l’appartamento si è infilata una giovane coppia (entrambi disoccupati) con figli piccoli. Di casi simili se ne sono ripetuti parecchi in questo periodo e in tutta Italia, ad esempio 3 a Sulmona, uno a Porto Empedocle… A Roma, tra i diversi episodi di anziani “esodati” da casa, c’è quello di un disabile settantenne che si è ritrovato in casa una coetanea, invalida anche lei, che da qualche notte dormiva per strada. Ancora, sempre a Roma, Maria L. di 66 anni si è dovuta adattare a dormire sul pianerottolo di casa, sotto una coperta e sopra una sdraio, per ben 16 giorni, assistita alla buona dai vicini; lei era andata ad assistere la madre malata ed al suo ritorno ha trovato l’appartamento occupato da una coppia di giovani, disoccupati e poveri, con bambini.

Cesare Fiumi, sull’inserto Sette del Corriere della Sera del 19 aprile, ci ricorda queste storie sorprendenti, di un’Italia nascosta e scoraggiata, ma vera e dolorosa, i cui protagonisti sono sempre gli stessi: anziani poveri e giovani poveri e figli di genitori poveri. Tutti alle prese con la mancanza dell’essenziale, che dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini: una casa, un lavoro, un posto in ospedale se malati. In queste storie non leggiamo solo o tanto ciò che viene chiamato “scontro tra generazioni”, quanto l’assoluta mancanza di diritti in persone che ne hanno disperatamente bisogno.

Gli anziani fra questi ne sono parte rilevantissima. E’ un problema di cultura, di sensibilità, di solidarietà: questo nostro paese può, e deve, fare qualcosa per evitare che storie simili continuino a ripetersi, nell’indifferenza generale.