Segnaliamo alla vostra attenzione la bella lettera di Piero, anziano romano, che da anni assiste la moglie malata di Alzheimer: la  sua testimonianza ci dice che è possibile convivere con questa malattia, ma è necessario avere delle risorse ( economiche e non solo) per organizzare un’assistenza adeguata; le sue

considerazioni vanno oltre il piano personale e lanciano segnali  ai decisori politici, perché si pensi alla grande anche in questo delicato settore.

Cara Redazione,

Vi scrivo questa lettera perché vorrei essere di aiuto e sostegno a quanti vivono l’esperienza di avere in famiglia un parente ammalato di Alzheimer. Come molti altri, non ho ricevuto molto aiuto dai vari servizi a cui mi sono rivolto, si parla tanto di Alzheimer ma alla fine noi familiari siamo lasciati soli. Mi chiamo Piero, vivo a Roma, ho 85 anni e mia moglie Livia si è ammalata di Alzheimer quattro anni fa. Tutto è cominciato con qualche dimenticanza, oggetti che non si trovavano, nomi dimenticati, frasi ripetute ossessivamente e lei, che fra noi due era quella che si ricordava sempre tutto, sempre con la voglia di fare nuove cose, precisa e meticolosa, era come se avesse perso ogni interesse. I miei amici mi dicevano, “ vabbè tutti invecchiamo, di cosa ti preoccupi, è normale..” ma io sentivo che c’era qualcosa che non andava. Ne parlai al medico curante che mi consigliò una visita dal geriatra, incominciammo la trafila delle visite, dei vari test, Mini mental state etc. fino a quando arrivò il verdetto “ sua moglie ha l’Alzheimer”. Ricordo ancora quando informai un caro amico di famiglia della malattia che aveva colpito Livia, mi disse, lasciandomi interdetto e sconsolato “ Povero te, ti auguro che tua moglie muoia prima di giungere alla fase acuta dell’Alzheimer”. Fu come se mi crollasse il mondo addosso. Ho cominciato a leggere di tutto sull’ Alzheimer, a informarmi sulle cure, ora so che c’è ben poco. Dopo un periodo non breve di lista di attesa Livia ha cominciato ad andare in un centro diurno. Non avevano mezzi a disposizione per tutti e quindi io per tre giorni a settimana l’accompagnavo e l’andavo a riprendere, per fortuna ancora guidavo, se fosse successo solo un anno più tardi quando in seguito ad una caduta mi ruppi il femore e non riuscii più ad usare la macchina, non so come avrei fatto. All’ inizio, Livia era contenta di andare, aveva trovato delle signore con cui aveva fatto amicizia, ma dopo un po’ sono cominciati i problemi. Livia non è mai stata un’amante del bricolage, del disegno, mentre una delle attività del centro era proprio la pittura o costruire piccoli oggetti per la casa, si faceva anche ginnastica, mentre lei si era sempre rifiutata di andare in palestra, la trovava noiosa. Cominciò a rifiutarsi di andare, non riusciva a seguire le attività e questa incapacità la confondeva ancora di più. In breve tempo risultò troppo grave per il centro diurno. Mi sono ritrovato a gestire da solo, in casa tutta la situazione, con tutti, amici , parenti, medici, che mi dicevano “ non puoi farcela da solo, per Livia la cosa migliore è una casa di riposo”; si è vero da solo non ce la facevo, ma nessuno mi ha voluto aiutare a fare la cosa che ritenevo giusta: farla rimanere a casa nostra, in un ambiente che le era familiare, con i suoi ricordi e gli oggetti a cui teneva. Livia mi ha sempre detto che sono cocciuto, ed è vero, pur di non mandarla in casa di riposo avrei fatto di tutto. Ho avuto ragione… Ora sono due anni che Livia fa riabilitazione cognitiva con una terapista che, partendo dalla sua passione per le vecchie fotografie, è riuscita ad aprire una breccia nel suo universo confuso, insieme passano ore a sistemare vecchi album e a ricostruire ricordi e storie. Certo la malattia avanza, ma Livia è quasi sempre serena, so che non guarirà e che ci saranno momenti ancora più difficili, soprattutto perché ho constatato che posso contare poco sull’aiuto dei servizi sociali e sanitari. Per fortuna posso permettermi di pagare la terapia, ma chi ha problemi economici come fa? Ho voluto scrivervi per testimoniare che si può fare qualcosa contro l’Alzheimer, sono riuscito da solo a fare quello che volevo, invecchiare insieme a mia moglie, ma non vorremmo continuare ad essere lasciati soli.

Piero