Marco Aime e Luca Borzani nel loro libro appena uscito, “Invecchiano solo gli altri”, analizzano la vecchiaia alla luce dei cambiamenti demografici degli ultimi anni. Gli anziani in Italia sono sempre più numerosi e si prevede che nel 2050 gli ultra  sessantacinquenni rappresenteranno circa il 22 % della popolazione mondiale. Ma gli anziani di oggi sono diversi da quelli di ieri. Secondo Aime si tratta di “una generazione che si misura con la propria vecchiaia senza poter contare sui modelli di riferimento del passato, su raffigurazioni sociali introiettate e condivise.” Questo sembra dunque essere un tempo in cui ripensare la vecchiaia in modo nuovo.

Secondo i due studiosi nel corso degli anni’ 60 si è cominciato a pensare alla categoria dei “giovani” come ad un gruppo sociale distinto non solo per età ma anche per gusti ed esigenze. La nascita di un vero e proprio movimento giovanile  ha, con le sue richieste e proteste, condizionato le scelte politiche e sociali di quel periodo . Oggi quei giovani sono invecchiati e “ quella generazione, che per prima si era configurata e rappresentata come giovane, sembra aver perso la consapevolezza di essere anziana, accettando che siano altri ad avere ora delle responsabilità sociali”. Oggi la vecchiaia viene minimizzata : sembra che nessuno voglia invecchiare ed accettare di essere considerato anziano. Come scrive Bauman : “Nel passato uomini e donne invecchiavano con  l’impressione di seguire un cammino naturale che li portava ad un riconoscimento sociale accresciuto dal divenire. Oggi gli individui lottano contro tutte le tracce lasciate dall’età e vivono nella paura di perdere con l’avanzare del tempo la libertà e il ruolo sociale.” A questo problema si aggiunge il pregiudizio che gli anziani siano troppo “ingombranti” e che la loro assistenza sia costosa e rubi risorse ai più giovani.  Troppo spesso si crede inoltre che la dimensione del vecchio sia solo quella del passato. Invece gli anziani hanno un futuro, che però va costruito insieme perché tutti siano meno soli.

Infatti Aime e Borzano ci ricordano che molti anziani sono indigenti e sono assistiti quasi esclusivamente dalle famiglie. Se non si fanno avanti i parenti ad assumersi l’onere della cura l’unica soluzione appare l’istituzionalizzazione. La presenza consistente dei vecchi nelle nostre società dovrebbe invece spingerci ad immaginare politiche sociali tese a ridurre la marginalizzazione e l’isolamento con una rete di servizi ed assistenza sul territorio.

Secondo gli autori del libro si deve smettere di pensare con timore alla vecchiaia come ad un’età brutta di perdita di autonomia e lucidità. I vecchi per primi devono divenire i protagonisti di un cambiamento che passa anche per le associazioni di anziani che aiutano i più bisognosi ed il cohousing. In conclusione gli autori consigliano a chi è più avanti negli anni di “ripensare la vecchiaia come un’età da reinventare ; un’età da ridisegnare anche con nuove responsabilità verso le altre generazioni”. Politiche e scelte economiche inclusive contribuiscono infatti a creare società più vivibili per tutti.