Secondo una recente indagine, il 74% degli anziani soffre di un dolore cronico che, nell’85% dei casi, perdura da oltre un anno e, nella metà dei casi, limita in tutto o in parte le attività quotidiane. La ricerca, commissionata dal Centro Studi Mundipharma alla società Demoskopea, è stata effettuata nello scorso ottobre su un campione di 407 individui di età compresa tra 60-80 anni, costituito per il 55% da donne. Questi dati sembrano indicare che sia molto diffusa l’idea per cui sia inevitabile che all’invecchiamento si associ il dolore e la sofferenza. Una cultura diffusa che è necessario superare, secondo quanto affermato da Guido Fanelli, Presidente della Commissione ministeriale Terapia del Dolore e Cure Palliative, nel corso della presentazione dei risultati della ricerca a Milano: “I risultati dell’indagine rivelano che, per concretizzare pienamente la Legge 38/2010 nella pratica clinica, dobbiamo abbattere le barriere culturali ancora esistenti. Va sfatata l’errata convinzione che la sofferenza sia un processo inevitabile dell’invecchiamento, al quale rassegnarsi.”. Non è solo un problema di ignoranza dei propri diritti che riguarda i cittadini, ma c’è un obbligo che riguarda i medici: “L’articolo 1 della normativa, tutelando il diritto di ogni cittadino a ricevere la terapia del dolore, rende in modo implicito obbligatorio anche il trattamento della condizione dolorosa nell’età avanzata: assicurare a questi pazienti un’adeguata assistenza non è dunque soltanto un dovere morale del medico, ma anche un obbligo legislativo. Una gestione più appropriata del problema, possibile solo attraverso un costante monitoraggio del dolore attraverso scale validate di valutazione, consente di migliorare la qualità di vita degli anziani ma anche diminuire i costi a carico della famiglia e del sistema sanitario”.
Gli anziani intervistati, nell’85% dei casi convivono da oltre un anno con un dolore persistente, spesso di natura osteoarticolare, ma conoscono poco le possibilità offerte dalla clinica moderna per alleviare tale dolore. Purtroppo si è evidenziata una sottovalutazione del problema da parte dei medici, che benché constatino che la sofferenza porti a limitare l’autonomia dei loro pazienti, non attuano strategie di monitoraggio ed in gran parte trattano il dolore in modo inadeguato, ricorrendo troppo spesso e per troppo tempo ad antinfiammatori non steroidei, i cosiddetti FANS e quindi necessariamente anche a gastroprotettori. Va notato che l’art.7 della Legge 38, invita i clinici a registrare sempre il livello della sintomatologia dolorosa, la sua evoluzione nel tempo e l’effetto delle cure prescritte, ma secondo quanto affermato dagli intervistati, solo un medico su tre misura l’intensità del dolore del proprio assistito e solo il 15% lo fa con regolarità. Troppo basse anche le percentuali dei medici che utilizzano scale oggettive per valutare l’intensità del dolore e che si accontentano invece del solo resoconto verbale del paziente.
Quando poi si tratta di intervenire sul problema, un medico su cinque tende a minimizzare il problema del dolore e spesso si limita a consigliare di sopportarlo. 
Prevenire e gestire la cronicità è il grande problema del futuro della sanità, più volte evidenziato dall’OMS, per questo secondo Massimo Fini, Componente Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA e Direttore Scientifico IRCCS San Raffaele Pisana di Roma “la corretta gestione del dolore cronico, vera e propria emergenza sociale, rappresenta una imprescindibile priorità. La categoria sicuramente più penalizzata è quella degli anziani che, per ragioni ideologiche – dolore come espiazione -, culturali ed economiche – il cosiddetto ageismo -, risultano essere curati poco e male. L’abuso di FANS e Coxib, particolarmente pericoloso nei soggetti in età avanzata, rappresenta in questi pazienti una delle cause più frequenti di ricovero d’urgenza nei reparti di chirurgia. L’unica risposta possibile al problema è legata alla creazione di una nuova cultura del dolore e sul dolore, attraverso una capillare opera di formazione degli operatori sanitari e di informazione ai cittadini”.
E’ possibile trattare la sofferenza in modo efficace, anche nelle persone di età più avanzata “per tutelare il loro ruolo ancora attivo e di sostegno nella nostra società”, come ribadisce Marta Gentili, Presidente dell’Associazione vivere senza dolore. “Oggi più che mai, gli anziani sono diventati il sostegno della famiglia, dal punto di vista economico ma anche da quello più pratico, come la cura dei nipoti.… L’augurio è che l’applicazione della Legge 38 sia sempre più capillare, a garanzia di un approccio alla malattia dolore più adeguato da parte di tutte le figure preposte, a partire dal medico di famiglia”.  I centri di terapia del dolore esistono, ma indagine realizzata dalla Fondazione ISAL e che ha coinvolto più di 5.500 persone, ha rivelato come il 35% degli italiani ne ignora l’esistenza, nonostante siano presenti in tutta Italia, come previsto dalla legge 38 del 2010. Inoltre è significativo il dato che la maggior parte dei cittadini conoscono tali centri grazie all’informazione di amici e parenti (42% ) piuttosto che dal medico di famiglia (solo il 23%).