Il 7 gennaio 2013 è stato presentato presso la Comunità di Sant’Egidio il I Rapporto internazionale sull’invecchiamento nel 21° secolo, con l’opportuno sottotitolo: Un traguardo, una sfida.
Il Rapporto, pubblicato dal Fondo delle nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) e dall’associazione HelpAge International, che lo ha preparato e curato, è stato presentato in una grande sala della parrocchia di Santa Maria in Trastevere, stipata da una numerosissima folla, composta da anziani, operatori del settore, volontari ed esperti.
Dopo la presentazione dei relatori da parte del dr. Giuseppe Liotta, in rappresentanza della Comunità di Sant’Egidio, organizzatrice dell’incontro, ha preso la parola mr. Jomo Sundaram, Assistente Direttore Generale del Dipartimento per lo Sviluppo Economico e Sociale, della FAO, che ha evidenziato come l’invecchiamento sia una realtà globale, che investe anche i paesi in via di sviluppo; in questi ultimi si manifesta un incremento degli anziani particolarmente nelle zone rurali, in condizioni assolutamente prive di ogni garanzia sociale, sanitaria ed economica (nel mondo solo un anziano su 5 gode di un qualche trattamento previdenziale). In questo quadro di estrema povertà e di abbandono le donne anziane sono i soggetti maggiormente colpiti, perché doppiamente discriminate. D’altra parte gli anziani che vivono nelle aree rurali sono portatori di risorse incontestabili, sia per l’esperienza accumulata nell’agricoltura che tuttora esercitano che per la rete di rapporti interpersonali ed intergenerazionali che costituisce un prezioso tessuto di convivenza. Di contro molti governi sono privi di politiche di protezione sociale specifiche per la terza età.

E’ poi seguito l’intervento della dr.ssa Silvia Stefanoni, vicedirettore di HelpAge, che ha introdotto alcuni dei contenuti del Rapporto sull’Invecchiamento. In un mondo in cui l’incremento della popolazione anziana ha dimensioni globali, c’è l’urgenza di intervenire in questo processo che è già iniziato da almeno 10 anni. Gli anziani sono soggetti attivi in tutte le società e contribuiscono  efficacemente nel mondo del lavoro (molti anziani, specie nelle zone rurali, continuano a lavorare fino alla morte), della cura ai bambini (in Sud Africa circa il 50% dei bambini sono curati dai nonni, avendo perso i genitori per malattia come l’AIDS) e alla famiglia (in Australia il valore delle cure prestate dalle donne anziane ad altri anziani e ai bambini è pari a 16 mld di dollari l’anno).
Le criticità indicate da HelpAge sono di natura economica,  visto che 4 anziani su 5 non hanno accesso ad una pensione, ma anche sanitaria, per la mancanza di cure per malattie cardiovascolari, neurodegenerative, etc. Altro indice di criticità viene individuato nell’isolamento e nella discriminazione cui gli anziani sono vittime. L’abuso fisico, psicologico e finanziario è una piaga spesso nascosta, ma molto presente: in Tanzania più di 3000 donne anziane sono state uccise in 5 anni perché accusate di stregoneria, e comunque il 47% degli intervistati ha dichiarato di temere di subire violenze fisiche. Anche le calamità naturali colpiscono di più chi è anziano, come nel caso dell’uragano Katrina, a New Orleans, dove gli anziani morti sono stati il 70% delle vittime pur essendo solo il 15% della popolazione. Tra le priorità d’intervento indicate dalla dr.ssa Stefanoni, che riguardano il mondo del lavoro, della salute, della previdenza sociale e della tutela legale, è particolarmente sottolineata l’approvazione da parte dell’ONU di una Convenzione Internazionale dei Diritti degli Anziani, tuttora assente o ignorata da molti stati ed invece necessaria e non più procrastinabile.

L’intervento di Giovanna La Vecchia (in duplice veste di anziana e di rappresentante della Comunità di Sant’Egidio) ha bene espresso come la proposta di una vita socialmente attiva e spiritualmente ricca sia traducibile felicemente nella quotidianità anche per chi è avanti nell’età. Giovanna è una bella anziana che ha cominciato ad aiutare altri anziani meno fortunati di lei, che vivono in un istituto di Roma. Un aiuto che presto si è trasformato in qualcosa di più, una calda rete di amicizia che ha riempito di senso ed affetto la vita di Giovanna e dei suoi nuovi amici. E’ questo il primo messaggio del suo intervento: pensare solo a se’ deprime e rende ogni difficoltà un ostacolo insormontabile: pensare agli altri, rendersi utili, superare la propria paura dell’incontro con l’altro  allarga il cuore a allunga la vita.
Quello degli anziani in istituto è un mondo nascosto, ma in costante crescita: il 2% degli ultrasessantacinquenni nel Lazio, qualcosa come circa 9000 anziani, non può più vivere in casa propria ma è costretto in un istituto, pubblico o privato. Per scelta si, ma obbligata da uno stato di salute più precario o da una situazione di isolamento sociale.
Da qualche tempo Giovanna accompagna un gruppo di adolescenti che hanno voluto condividere con lei questa esperienza di solidarietà; l’incontro tra giovani pieni di energia e persone anziane e così fragili ha qualcosa di straordinario non solo per chi ne è coinvolto direttamente, ma anche per il messaggio che ne scaturisce: in un mondo che allontana e nasconde la debolezza, questi ragazzi imparano ad andare controcorrente. Ma anche la fragilità in sé è un segno per la nostra società, un richiamo ad una dimensione più umana e più autentica del nostro vivere insieme.

Daniela Pompei, Consigliere del Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi, nel suo intervento (delegato alla dott.ssa Chiara Mancinelli), ha ribadito il valore del Rapporto come uno strumento necessario per affrontare la sfida dell’invecchiamento nella nostra società e ha voluto approfondire la parte finale e propositiva, sottolineando in particolare la decima priorità: “Sviluppare una nuova cultura dell’invecchiamento e un cambiamento di mentalità e atteggiamenti sociali nei riguardi delle persone anziane”. E’ stato proprio questo uno dei punti su cui ha insistito particolarmente il Ministro Riccardi durante quest’anno che è passato, dedicato dall’unione europea proprio all’invecchiamento attivo e alla solidarietà fra le generazioni.
La sfida è superare “il gap fra quello che gli anziani sono e rappresentano nelle nostre società e la percezione, o meglio, la rappresentazione che ne viene data”.  Bisogna quindi “attrezzarsi anche in termine di visione culturale” troppo deficitaria per abbandonare una visione stereotipata e riduttiva del fenomeno e rischia di prevalere un’idea negativa della vecchiaia, sostenuta spesso dai media, che identificano gli anziani come un “peso”, per le pensioni, per l’assistenza, per l’intasamento dei pronto soccorsi. Gli anziani sono deboli, ma strategici, anzi occorre ripartire dal paradosso per il quale “la stessa fragilità può essere una ricchezza da cui partire per pensare il nostro futuro”, perché la nostra società non può fare a meno della sua componente più vecchia. Usando la metafora di Bauman, il “ponte” della nostra costruzione sociale non può permettersi il lusso di abbandonare i piloni più deboli, ma occorre riscoprire il fatto che gli anziani sono dei “veri produttori di valori”. A questo riguardo è stato sottolineato il contributo dato dagli anziani al mondo della solidarietà: secondo l’ISTAT quasi il 13% degli anziani fra 60 e 64 anni, e il 10 fra i 65 e i 75. Ma c’è anche un interessante 3,7 fra gli ultra 75enni che dichiara di fare volontariato in una qualche associazione. Ma gli anziani sono anche una ricchezza per i giovani, culturale, ma anche lavorativa, perché occorre ricordare che in Italia, la cura e l’assistenza agli anziani impegna quasi il 15% della forza lavoro italiana. Su questo tema pochi giorni fa, (come abbiamo ripreso anche in nostro post qui), sulle pagine del Corriere della Sera, Della Zuanna sottolineava la positività in Italia del fenomeno delle cosiddette “badanti” che permettono agli anziani di vivere in modo positivo e bene nella loro casa, in modo sostenibile e soprattutto etico soprattutto se lo confrontiamo con l’altro fenomeno, tutt’altro che positivo e ripreso da molti giornali, della sempre più frequente delocalizzazione in istituti lontani dal proprio paese, anche in altri stati, che sta interessando molti anziani tedeschi.

Marco Peroni