Sono tanti gli anziani a Genova, Anche se le luci del Natale sono ormai spente, c’è ancora chi, in città, prova a vivere la solidarietà con chi è povero e solo. Sabato scorso, nella Sala del Munizioniere di Palazzo Ducale, l’Associazione Ristoranti della Fepag (la Federazione esercizi pubblici associati) ha offerto un pranzo a un centinaio di anziani seguiti dalla Comunità di Sant’Egidio e provenienti da case di riposo di diversi quartieri. Per l’occasione l’Associazione – che raccoglie i gestori di alcuni tra i locali più prestigiosi della provincia di Genova – ha servito un menù rispettoso dei canoni della tradizione locale: antipasti misti, minestrone alla genovese (“con il pesto di Prà – ridono gli chef – mica del Kenia”), stoccafisso accomodato e pandolce.


Cibo tradizionale, ma cucinato con i canoni della cucina di alta classe. E rigorosamente “a  misura d’anziano”, nella scelta degli ingredienti, ma anche, ovviamente, nella agevole masticabilità. Da anni l’Associazione Ristoranti della Fepag si unisce alla Comunità di Sant’Egidio nell’organizzazione di pranzi e cene con senza dimora, immigrati, carcerati, coniugando la professionalità e la buona cucina con la capacità di inserirsi nel tessuto cittadino. Giorgio Bove, il presidente dell’Associazione, è raggiante. 

Insieme  ai colleghi – imprenditori del settore e cuochi tra i più rinomati della regione – controlla il minestrone e il pesce e ascolta serafico i complimenti e gli applausi dalla sala: ‘In queste occasioni – spiega – siamo noi i più felici, e dobbiamo ringraziare i volontari che le organizzano”. Poi con passione si cimenta a spiegare la scelta del menù: “nel minestrone ci sono le verdure di stagione, il pesto genovese e un tipo di pasta tradizionale, lo scrucuzun”. Gli anziani mostrano di apprezzare tutto: la qualità della cucina, la  location prestigiosa, e poi la presenza di tanta gente. 

“Per tante di queste persone – spiega Patrizia Bozzano, che è insegnante, ma con Sant’Egidio di occupa del sostegno agli anziani soli – si tratta della prima volta, dopo anni, che riescono ad uscire dalle mura delle loro case di riposo. Questa è una bella festa, ma è anche un segno per la nostra città e il nostro paese: come può, una città come Genova, ignorare i suoi 160mila anziani? Noi seguiamo tantissime persone negli istituti o nelle case e da tutti ci sentiamo ripetere un solo messaggio: la soluzione più umana è invecchiare a casa propria”. Effettivamente c’è voglia di far festa, tra queste persone: anche 

Chiara Figari, che ha 103 anni, e scherza sul minestrone finalmente saporito e buono e sulla gioia di poter uscire. O come Sergio, che è sulla sedia a rotelle e ama raccontare il suo passato da rappresentate di materiale ortopedico. Un ombra gli passa sugli occhi, mentre accenna alla solitudine della casa di riposo, a Struppa. Ma poi alza lo sguardo e vede Paola e Pierluca, due volontari di Sant’Egidio: “vede quei due? – dice sorridendo – Quelli sono i miei migliori amici”. La lotta contro la solitudine e l’abbandono, a volte, inizia davanti a un minestrone