Attorno a questo concetto, Papa Francesco ha sviluppato l’udienza generale del 26 febbraio. Parlando alle circa 50.000 persone riunite in Piazza San Pietro, il Papa ha dedicato la sua catechesi al Sacramento dell’unzione degli infermi, spiegandone il suo significato spesso travisato: si tratta di un gesto di presenza di Gesù accanto al malato e non un qualcosa da evitare per scaramanzia.  E lo ha spiegato, come sempre in maniera molto efficace e diretta: “C’è un po’ l’idea che quando da un malato arriva il sacerdote, dopo di lui arrivano le pompe funebri, non è vero quello, il sacerdote arriva per aiutare l’anziano, per questo è importante la visita, chiamarlo, perché è Gesù che arriva per dargli speranza”.

Il Papa ha anche spiegato che il prete e le persone presenti quando viene amministrata l’unzione degli infermi, rappresentano la comunità e l’impegno di questa a sostenere il malato e il sofferente, a fargli sentire la “vicinanza di Cristo” nel momento in cui è debole.

L’unzione degli infermi, ha spiegato, è un pò il sacramento del buon samaritano, che lava le ferite con olio e vino. Il buon samaritano, ha commentato il Papa, “si prende cura dell’uomo sofferente versando sulle sue ferite olio e vino, l’olio ci fa pensare a quello che viene benedetto ogni anno dal vescovo nella messa crismale del giovedì santo, il vino invece è segno dell’amore e della grazia di Cristo” “che si esprimono nella grazia sacramentale della chiesa”. “La persona sofferente – ha osservato poi – viene affidata a un albergatore, affinché possa prendersi cura di lui, senza badare a spese”. “Chi è?” questa persona, ha chiesto, “siamo noi, a cui ogni giorno il Signore affida coloro che sono afflitti nel corpo e nello spirito, perché possiamo continuare a riversare su di loro amore”. Nella lettera di Giacomo, ha ricordato il Pontefice, si esplicita “questo mandato”. “La preghiera fatta con fede – ha aggiunto – salverà il malato, il Signore lo salverà e se ha commesso peccati gli saranno perdonati, si tratta di una prassi – ha detto a proposito della unzione degli infermi – che era in atto già ai tempi degli apostoli, per avere la stessa predilezione per i malati e i sofferenti che aveva Cristo”.
“Non dobbiamo scadere nella ricerca ossessiva del miracolo e nella presunzione di ottenere sempre la guarigione, – ha aggiunto papa Francesco – ma è la sicurezza della vicinanza di Gesù al malato, anche all’anziano, perché ogni persona di più di 65 anni può ricevere questo sacramento”. Nella unzione degli infermi, ha argomentato papa Bergoglio, “è Gesù che si avvicina: il sacerdote arriva per aiutare l’anziano, per questo è importante la visita, chiamarlo, che dia l’unzione, perché è Gesù che arriva per dargli speranza, aiutarlo, e anche perdonargli i peccati, e questo – ha osservato papa Francesco – è bellissimo. Non pensate che questo è un tabù, perché sempre è bello sapere che nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli”. “Ma il conforto più grande – ha osservato il Pontefice – è lo stesso signore Gesù che ci prende per mano, ci carezza, e ci ricorda che ormai gli apparteniamo e nulla, neppure il male e la morte potrà mai separaci da lui”. Papa Bergoglio ha concluso la catechesi esortando a “questa abitudine di chiamare il sacerdote, perché questi malati, non di influenza, – ha detto – non di tre, quattro giorni, i malati veri e gli anziani, perché venga e gli dia questa forza, facciamolo, grazie”.