Riceviamo dai nostri lettori e volentieri pubblichiamo

Le iniziative che si è soliti sottolineare quando esaminiamo “l’anziano” nelle sue varie sfaccettature mirano a creare per l’interessato un insieme protettivo ispirato in grande prevalenza ad uno spirito assistenziale, inteso a far sì che il soggetto non si senta abbandonato.
Si cerca in altre parole di configurare un ruolo dell’anziano soprattutto quale soggetto debole da presentare al contesto sociale nel quale il soggetto si affaccia.
Il momento in cui sorge questo problema è nella stragrande maggioranza dei casi da individuare nella cessazione dell’attività lavorativa nel senso più ampio del termine; nasce cioè nel momento in cui il lavoratore – dall’intellettuale all’operaio – assume la veste del “pensionato”. Alla figura dell’anziano si sovrappone quella del pensionato.
E’ qui che occorre intervenire per capovolgere luoghi comuni e indifferenza. Occorre che le dottrine sociali, a cominciare da quella della Chiesa cattolica, si facciano carico del problema per il riconoscimento, nel contesto della comunità, del ruolo del pensionato (anziano) in quanto tale in primo luogo con la sua dignità umana , oggi così fragile e così disconosciuta.
E’ necessario stimolare canali culturali, istituzionali e politici per la diffusione e l’affermazione di principi che inducano un’inversione della irrazionale tendenza corrente che relega la fase finale della vita lavorativa in uno stato di emarginazione, irrilevanza e sostanziale disuguaglianza ignorando le potenzialità certamente esistenti forse più di quel che si ritiene, nel popolo sempre più numeroso della terza e quarta età.
Su tali presupposti e in tale contesto occorre impegnarsi, innanzitutto sul piano culturale, perché la dignità delle persone in ogni situazione e in ogni età sia salvaguardata.
E’ un tema attuale sul quale riflettere

Franco Ruggero e Michele Magri