Donatella di Pietrantonio, divenuta famosa grazie al romanzo “L’Arminuta”, nel suo libro “Mia madre è un fiume” racconta del suo rapporto con la madre, che ormai anziana, mostra i primi segni di una malattia crudele che le confonde i ricordi, e le toglie la memoria.

È il tempo capovolto in cui è la figlia che deve accudire la mamma, con la quale il rapporto non è sempre stato facile. Donatella ha sempre cercato l’affetto e le attenzioni della madre sin da bambina. La madre contadina era consumata dal lavoro nei campi, che le prendeva tempo e forze, e le lasciava ben poco spazio per dedicarsi all’accudimento della figlia, che le rimprovera una “distrazione affettiva”. Donatella bambina, ne aveva risentito. Oggi adulta ripercorre con indulgenza la storia della madre Esperia e delle sue cinque sorelle, in un Abbruzzo ancora povero e contadino, dove la vita quotidiana era segnata dalle fatiche del lavoro dei campi e dell’allevamento. Sono anche gli anni di un paese che, dopo la guerra, si trasforma: che si lascia la miseria alle spalle e combatte contro l’analfabetismo. Anche ad Esperia è offerta l’opportunità di studiare, mentre sempre più spesso gli uomini sono costretti ad emigrare per lavorare. Donatella racconta una infanzia segnata dalla povertà e dal duro lavoro dei genitori. Il ritmo del racconto è dato dai ricordi di Esperia giovane mamma indaffarata che si occupa della suocera, accompagna la figlia il primo giorno di scuola e gestisce la casa e i campi.

I ricordi del passato sono intervallati dal racconto di Donatella che trascorre il tempo presente con la madre confusa cercando di orientare la sua memoria. Nelle pagine del libro è descritta la fatica della figlia e del marito che si trovano a gestire la quotidianità di Esperia, che prima organizzava la vita famigliare di tutti. Giorni faticosi e pieni, scanditi dall’amore verso una madre che viene accudita ed accompagnata fino alla fine.