Dare voce agli anziani, anche a quelli ospiti nelle RSA e nelle Case di riposo e ai loro familiari: per farlo, nel giorno della Festa dei Nonni, abbiamo voluto rivolgere alcune domande a Dario Francolino, presidente del comitato Orsan-Open Rsa Now, che raccoglie i parenti di molti anziani ricoverati in strutture.

Come è la situazione oggi nelle strutture che visitate?

Dal mio punto di vista, da quello del nostro Comitato, la situazione in questo momento è “dormiente”, è come se si fosse creato un implicito senso di accettazione da parte dei nostri familiari sull’irreversibilità dei cambiamenti determinati dalla pandemia. E questo è controcorrente rispetto a ciò di cui tutti stiamo parlando, la velocità con cui stiamo rimuovendo il ricordo di ciò che è successo in termini di quello che è accaduto, dicevamo “niente sarà più come prima”, in realtà tutto sta diventando come prima, dimenticando anche le buone pratiche che avevamo imparato, vediamo autobus strapieni, tante persone senza mascherine. Cadono le barriere e l’orientamento è nell’abbattere le restrizioni. Ma non ovunque. A fronte di tutto questo è come se nelle RSA fossimo in un’altra nazione, la “nazione RSA”, che ha le sue regole e i suoi codici e che in questo momento, di fatto, non ha modificato quasi nulla per quanto riguarda le restrizioni che permangono nell’accesso nelle strutture. Sono ripresi gli ingressi ma in una condizione assolutamente limitante per quanto riguarda la possibilità di avere una relazione normale con i nostri cari. Siccome siamo abituati a vedere le cose bianche o nere, si entra o non si entra, questo aspetto del si entra alle stesse condizioni della zona rossa, è quello che è più grave. Capire se si è nelle condizioni di entrare o meno è sempre più complicato.

Spesso hai posto l’accento sul fatto che è impossibile entrare nelle camere degli anziani, perché è così grave secondo te?

Sì, vorrei mettere l’accento sulle visite all’interno delle camere dei nostri cari. Da due anni e mezzo non esiste un momento di privacy tra il familiare, un visitatore, un volontario e il proprio caro ricoverato, perché gli incontri si possono svolgere sempre all’interno degli spazi comuni. Il fatto di dover stare fuori ha una doppia valenza negativa. In primo luogo non consente il rispetto della privacy, qualunque tipo di manifestazione, di situazione, anche il pianto o il riso (si può avere voglia di piangere, ridere, sghignazzare) è inibita dalla presenza di altre persone. Non si può mangiare, prendere un gelato, un caffè, anche all’aperto. Una situazione che ti spinge ad una disubbidienza bianca. C’è chi si nasconde dietro un albero per mangiare un cioccolatino… ci nascondiamo dagli operatori che hanno mantenuto questo aspetto del controllore… è ridicolo anche solo a guardarci. Poi arrivano le reprimende, le punizioni, c’è tutto un meccanismo scolastico di una scuola prima della riforma, in cui mancano solo le bacchettate, sei una persona con la tua dignità. In secondo luogo, ci sono poi motivi pratici per voler entrare “dentro”: se da due anni e mezzo una persona non può entrare nella camera del proprio caro non ha idea se i vestiti stanno apposto, se serve qualcosa. Sentirsi raccontare dall’infermiera cosa c’è dietro l’angolo è assurdo. La dinamica oggi è che si suona davanti ad un portone, si urla li proprio nome e li nome del parente, si attende il “pacco”, la mamma o il papà, e si va nel corridoio. Si fa in modo che non si varchi quella soglia, ti viene consegnato il familiare e poi lo riporti. Non c’è niente di normale in tutto ciò. C’è poi tutto il tema dei bambini, le raccomandazioni delle strutture sono di non far entrare i bambini sotto i 12 anni, o in qualche caso addirittura chi ha meno di diciotto anni. Eppure la festa dei nonni alle porte…

Ecco parliamo della festa dei nonni, quale è il tuo auspicio?

C’è una distanza tra quelli che saranno i messaggi, anche ai livelli più alti, a stare vicino ai nostri anziani e la realtà. Per chi ha un familiare in RSA è doppiamente deludente, per questo ho parlato di farsa. La mortalità in RSA per Covid-19 è praticamente azzerata, la quarta dose, c’è poco da fare, protegge molto gli anziani. Se ci fosse (la mortalità da Covid-19) le strutture ne parlerebbero, per garantirsi ulteriormente. Il mio appello ai familiari, a tutti, è di non rassegnarsi a questo stato di cose, ribadire il nostro disappunto e dispiacere, perché come tutte le cose ingiuste prima o poi dovrà necessariamente passare al vaglio di qualcuno.

Parlare al mondo delle RSA, poi, è estremamente difficile, è variegato e sordo alle istanze dei familiari. Ai gestori chiederei però più coraggio. Fino adesso tutto ciò che è stato tollerato da parte nostra lo è stato per senso del dovere e del bene comune. Noi avvertiamo nettamente la differenza tra il “prima” e il “dopo” (la pandemia). Sono tantissime ormai le persone che questo “prima” non lo hanno conosciuto. Serve una rivoluzione pacifica che alla fine porterà dei risultati, questa non è la normalità.